martedì 1 maggio 2007

Premessa - di Eva Melodia

Siamo forse giunti in un’era di dati finalmente contabili. Un epoca in cui finalmente possiamo fare due somme e rapportarci ai risultati ottenuti in millenni di attività umana sul pianeta terra.
Grazie ad un sistema mediatico patetico e allarmista, incapace di fornire una visione semplice ed attendibile della realtà che ci circonda, è l’era del panico di fronte al conto che dovremo saldare.
Il rischio è però, che come quasi sempre accade, la nostra attenzione si rivolga semplicemente al tentativo di rimediare agli effetti devastanti in atto, piuttosto che rimuoverne le cause scatenanti.
Qui deve quindi entrare in gioco la volotà personale, l’intuito, la determinazione di tutti coloro che non credono più al buon governo e vogliono capire veramente cosa stia accadendo, perchè, stando a quanto ci dicono gli organi di informazione, antenne di trasmissione mediatica del potere, si tratta appunto solo di trovare soluzioni, in fretta, e di continuare per la nostra strada, mentre un numero sempre maggiore di persone ha il sentore da tempo che non sia affatto così semplice.
Negli ultimi anni, a fronte del duro impatto con la realtà, (quello che ci dice da anni che le foreste amazzoniche stanno scomparendo, che la siccità scatenerà grandi apocalissi, che immensi territori preziosi per l’umanità come l’Iraq) saranno non fruibili per secoli a causa dell’inquinamento post-bellico, lo scenario di lotte tra gli uomini per il controllo dell’acqua e delle risorse energetiche, etc... etc...), sono nate diverse correnti di pensiero, cioè analisi logiche di questi problemi che mirano a spiegarne ed a rimuoverne le cause.
Tra queste correnti, spicca l’antispecismo.
Erroneamente molti pensano che questa “filosofia”, sia una base teorica estremizzata inerente l’animalismo e con la quale gli animalisti motivano le loro scelte ideologiche, ma appunto non è così.
Basta usare un po’ di logica per comprendere che l’antispecismo, idea che nega una diversa “valorizzazione” di una specie rispetto ad un’altra, comporta (sempre "per logica") altre considerazioni a catena che impattano su ogni aspetto della vita di un essere umano, tanto da divenire vera e propria filosofia di vita, attraveso la quale misurarsi e rapportarsi a tutto ciò che ci circonda.
Grazie all’antispecismo, l’uomo viene deallocato dalla sua secolare posizione di regnante sulle altre forme di vita e se perde il suo dominio allora viene meno anche il dominio sull’ambiente perchè lo deve rispettare in quanto patrimonio da condividere.
Il benessere dell’uomo diventa finalmente parte integrante del benessere del suo habitat e viceversa e la relazione con altre specie animali, il termometro con cui misurare la capacità di un uomo di dare valore alla propria esistenza e a quella degli “altri”, ambiente e animali compresi.
Se si accetta la negazione della specie umana come legittimo e sensato dominante su altre specie viventi, tanto più la si accetta quando si tratta di conflitti tra esseri umani. Nessun uomo ha diritto di dominio su altri.
Se si accetta la suddetta negazione, si comprende che l’uomo fa parte di un equilibrio da proteggere, dove non c’è specie che possa fare da parassita ad un’altra, e dove essere “umani” ha l’unico vantaggio di poter comprendere la meraviglia di questo equilibrio potenzialmente perfetto.
E ancora, si rifiuta all’origine ogni forma di inquinamento e sfruttamento della terra, dell’acqua, dell’aria, degli uomini, dei bambini, di cani, gatti, topi, insetti, tigri, regioni, terre di nessuno, o altri pianeti. Ma sopratutto si rifiuta ogni forma di violenza e sopruso.
Questa corrente di pensiero fatica ad emergere perchè appunto percepita come una “motivazione animalista”.
A noi il compito di farla uscire da questo bozzolo, questa crisalide, perchè possa volare ovonque in questo nuovo millennio e apportare grandi cambiamenti. Perchè un altro uomo è possibile.
A noi l’arduo compito di mettere in relazione i fenomeni quotidiani con la coerenza e la logica antispecista.
A noi il compito di dimostrarne la validità, confutandone l’aspetto “emotivo” e dogmatico, e rendendone visibile e fruibile per i più, l’innegabilità e il fondamento, usando le parole e la logica che sono il nostro unico grande mezzo di rivoluzione.

Eva Melodia

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